Che cos’è l’Economia Circolare:
definizione e significato
Cos’è l’economia circolare Cos’è l’economia circolare
Che cos’è l’Economia Circolare?
L’Economia Circolare è un sistema economico rigenerativo con l’obiettivo di ridurre gli sprechi attraverso l’uso efficiente delle risorse creando, così, valore aggiunto all’ambiente, alla società e all’economia.
L’Economia Circolare si pone come alternativa al sistema lineare dominante del produrre-usare-gettare, basandosi invece su un ciclo di continuo di riutilizzo, rigenerazione e riciclo. Questo permette di creare un sistema più sostenibile, in cui il valore di un prodotto o un servizio viene massimizzato: ciò che normalmente è considerato “rifiuto” può essere valorizzato come risorsa in altri cicli di produzione e consumo. Il concetto di rifiuto, quindi, perde di significato.
Oggi, il tema dell’Economia Circolare ha interessato anche governi e organizzazioni sovranazionali, ne è un esempio l’Unione Europea che nel 2019, con la nuova strategia europea, il Green Deal, abbraccia e fa propri i principi dell’Economia Circolare per costruire un’Europa più resiliente e sostenibile. Questo coinvolgimento, non solo nel mondo accademico ma anche nelle industrie e nei governi, ha posto nuove riflessioni sullo status dell’Economia Circolare. Il recente studio di Kirchherr ed Urbinati, mette in evidenza la diffusione, intorno a questo tema, di un insieme sempre più coerente di credenze e concetti condivisi, numerose risorse pratiche e autorità abilitanti, e una vivace comunità di attori. Tutto ciò suggerisce che l’Economia Circolare possa essere considerata un campo di studio sempre più istituzionalizzato.
Definizione di Economia Circolare
Diversi accademici si sono dedicati all’Economia Circolare, e questo ha portato alla formulazione di più di 114 definizioni diverse. Tra queste ricorrono diversi elementi: l’Economia Circolare spesso viene rappresentata come una combinazione di attività di riduzione, riuso e riciclo, e viene anche spesso evidenziata la necessità di un cambiamento di sistema a livello globale.
Tra le tante definizioni, è la quella della Ellen MacArthur Foundation che ha ottenuto più ampi consensi tra accademici e organizzazioni. Secondo la quale l’Economia Circolare è un’economia progettata per rigenerarsi da sola, in cui i materiali non diventano mai rifiuti e la natura si rigenera. Attraverso tre principi fondamentali (eliminare sprechi e inquinamento, far circolare prodotti e materiali e rigenerare la natura), è capace di offrire soluzioni sistemiche per affrontare sfide mondiali quali il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità, i rifiuti e l’inquinamento.
Un’altra definizione degna di nota è quella della Commissione Europea, secondo cui in un’Economia Circolare il valore dei prodotti, dei materiali e delle risorse viene mantenuto in circolo nell’economia il più a lungo possibile, e la generazione di rifiuti viene ridotta al minimo.
Il Parlamento Europeo, invece, definisce l’Economia Circolare come un modello di produzione e consumo che prevede la condivisione, il noleggio, il riutilizzo, la riparazione, la ristrutturazione e il riciclaggio dei materiali e dei prodotti esistenti il più a lungo possibile. In questo modo, il ciclo di vita dei prodotti viene esteso.
Tondo si attiene a una definizione che è la sintesi di queste presentate, in particolare rifacendosi a quella della Ellen MacArthur Foundation: crediamo che l’Economia Circolare sia un sistema rigenerativo che promuove la condivisione, riuso e il riciclo dei materiali, eliminando i rifiuti, promuovendo la circolarità dei prodotti e la rigenerazione degli ecosistemi naturali.
Importanza del modello circolare
Il passaggio dal modello economico lineare a quello circolare è al giorno d’oggi fondamentale per affrontare le diverse sfide ambientali e sociali del nostro tempo. Il modello lineare – nato tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo – ha risposto perfettamente alla necessità di ricostruire l’economia ed il benessere delle società occidentali in seguito alla Seconda Guerra Mondiale. L’estrazione di risorse naturali e la produzione di beni e rifiuti, finalizzate alla massimizzazione del profitto, hanno caratterizzato l’economia lineare. Oggi, tuttavia, le conseguenze di queste attività umane, non curanti dei limiti del sistema ecologico, sono tra le principali cause dell’inquinamento da gas serra e del cambiamento climatico.
L’Economia Circolare potrebbe fornire una risposta alle sfide attuali e contribuire alla creazione di un futuro più sostenibile. La spinta verso questo nuovo modello economico è legata a diversi fattori
- Vantaggi economici: McKinsey Sustainability stima che L’Economia Circolare possa portare ad una crescita di produttività delle risorse del 3% annuo in Europa, con un ritorno economico di 600 miliardi di euro l’anno entro il 2030, a cui si aggiungono i benefici intangibili, come le esternalità negative evitate, che ammonterebbero a 1,2 trilioni di euro.
- Vantaggi sociali: la Commissione Europea ha previsto 700 mila nuovi posti di lavoro legati all’Economia Circolare entro il 2030 in Europa promuovendo, così, la ricerca e l’innovazione.
- Vantaggi ambientali: contribuisce alla neutralità climatica, preserva la biodiversità, riduce l’inquinamento da gas serra, favorisce un’energia più pulita e una maggiore sicurezza dell’approvvigionamento delle risorse diminuendone la dipendenza, evitando gli sprechi e rendendo l’Europa più resiliente.
Il termine Economia Circolare è spesso, erroneamente, usato come sinonimo di sostenibilità: non sempre tutto ciò che è circolare è sostenibile, e non tutto ciò che è sostenibile può definirsi circolare. Il legame di questi due paradigmi è oggetto di studio di numerosi articoli, tra cui quello di Salomone. Molti di questi studi dimostrano che per considerare una pratica circolare, anche, sostenibile occorra valutare l’impatto generato dai processi di produzione attraverso delle metodologie scientifiche come LCA (Life Cycle Assessment).
L’Economia Circolare è anche riconosciuta da altri autori come uno strumento per sostenere il raggiungimento dei 17 obiettivi dello Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 proposta dalle Nazioni Unite. La sua applicazione può aiutare a promuovere azioni per combattere i cambiamenti climatici (SDG 13), a garantire modelli di produzione sostenibili, e a rendere le infrastrutture più resilienti e a favorire una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile (SDG 12, SDG 9, SDG 8). Inoltre, può assicurare a tutti l’accesso ad un’energia pulita (SDG 7) così anche proteggere, ripristinare e favorire un uso sostenibile dell’ecosistema terrestre (SDG 15).
Un sistema circolare, infine, è l’occasione per raggiungere una maggiore e concreta indipendenza dalle materie prime, affermandosi e garantendo dei sistemi economici, sociali ed ambientali più stabili per le proprie comunità. Un esempio di questo è l’urban mining, cioè l’attività di ricavare dai rifiuti metalli e materiali preziosi che diventano materie prime secondarie, entrando nell’economia circolare.
La storia dell’economia circolare
A differenza di quanto potrebbe sembrare, il concetto di Economia Circolare risale già agli anni Settanta, quando sono iniziati a comparire i primi studi e le prime testimonianze al riguardo.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, i paesi coinvolti hanno iniziato a portare avanti una riflessione sul collegamento tra pensiero ecologico ed economico. Nel 1966, ad esempio, l’economista inglese Kenneth Boulding pubblicò l’articolo “The Economics of the Coming Spaceship Earth”. In questo la Terra veniva rappresentata come una navicella spaziale con risorse limitate, dove per sopravvivere il genere umano doveva gestire le proprie risorse utilizzando al meglio ciò che si ha a disposizione.
Il senso moderno di Economia Circolare è stato però introdotto da Walter Stahel, che ne evidenziò il significato nel suo rapporto alla Commissione Europea del 1976. In seguito, nel 1982, Stahel creò il Product-Life Institute, un istituto che si occupa di strategie e politiche di sostenibilità per esplorare nuovi sistemi circolari.
Successivamente, nel 2002, William McDonough e Michael Braungart pubblicarono l’articolo “Dalla culla alla culla” (in inglese “Cradle to Cradle”), nel quale si pone ancora di più l’accento sulla necessità di un approccio circolare e non più lineare.
Il concetto di economia circolare è diventato sempre più conosciuto e approfondito negli ultimi decenni, e a questo riguardo non si può non citare la Ellen MacArthur Foundation (EMF), la più grande organizzazione senza scopo di lucro focalizzata su questo settore. Particolarmente importante è stato il suo lavoro nella realizzazione del Circular Economy Action Plan. Questo nel 2015 ha stabilito una serie di azioni legislative e non legislative per la transizione verso un modello di economia circolare.
I principi dell’economia circolare
Secondo la Ellen MacArthur Foundation, l’economia circolare si fonda su tre principi, alla cui base vi è sempre il design:
- Eliminare sprechi e inquinamento
In natura, il concetto di rifiuto o di spreco non esiste: è stato introdotto proprio dall’essere umano in seguito a pure scelte di design. Diversi prodotti sul mercato sono pensati per essere gettati via subito dopo esser stati utilizzati. Alcuni di loro sono stati progettati senza chiedersi: “Cosa succede a questo prodotto alla fine della sua vita?”. Oggi porsi questa domanda risulta fondamentale. Molti prodotti potrebbero essere circolati mediante manutenzione, condivisione, riutilizzo, riparazione, ricondizionamento e, solo come ultima risorsa, riciclo
- Far circolare prodotti e materiali
Il secondo principio dell’economia circolare consiste nel mantenere i materiali in uso, sia come prodotto, oppure, quando non possono più essere utilizzati, come componenti o materie prime, il più a lungo possibile e al loro valore più elevato.
Questo può avvenire tramite:
Ciclo Tecnico: i prodotti vengono riutilizzati, riparati, ricondizionati e riciclati
Ciclo Biologico: i materiali biodegradabili sono restituiti alla terra attraverso processi come il compostaggio e la digestione anaerobica - Rigenerare la natura
Spostando la nostra economia dal modello lineare a quello circolare, cambiamo il focus dall’estrazione alla rigenerazione. Invece di degradare la natura, costruiamo e contribuiamo al capitale naturale. Questo può per esempio avvenire iniziando a utilizzare pratiche agricole che consentono alla natura di ricostruire i suoli e aumentare la biodiversità.
Il Modello delle R
Per spiegare l’economia circolare, le sue caratteristiche e complessità, spesso si fa riferimento al modello delle “R”. È un approccio gerarchico da adottare nelle diverse fasi del ciclo di vita per evitare che diventi rifiuto e favorire l’attuazione di strategie circolari legate alla progettazione dei prodotti e al loro riutilizzo. Nello studio di Kirchherr si parla di ben 9 strategie di R che possono essere combinate tra loro a seconda degli ambiti di utilizzo. Esse sono: rifiutare, ripensare, ridurre, riusare, riparare, ricondizionare, rigenerare, riqualificare, riciclo, recupero.
Queste azioni sono raggruppabili in tre gruppi: in generale più il ciclo è breve e, quindi, coinvolge le prime “R”, e più è circolare.
Il primo gruppo risponde ad un alto livello di circolarità, e richiede minori costi e sforzi di attuazione. È relativo all’utilizzo e produzione di prodotti in modo intelligente, e comprende tre azioni.
- Rifiutare (Refuse) – significa rifiutarsi di utilizzare un prodotto quando non è necessario, come ad esempio evitare di comprare una macchina perché consapevoli del fatto che lo stesso tragitto può essere compiuto anche a piedi.
- Ripensare (Rethink) – fare un uso intensivo del prodotto o un ripensamento appunto, adottando innovative gestioni eco-efficienti ed eco-efficaci. Ripensare è un concetto molto semplice applicabile a diversi settori. Per esempio, possiamo ripensare il concetto di rifiuto: dalla produzione del vino è possibile salvare la vinaccia (principalmente bucce e semi di uva) e ricavarne pelle vegana.
- Ridurre (Reduce) – ridurre significa essere più efficienti nella produzione e nell’utilizzo del prodotto, in modo da avere bisogno di meno risorse o materiali vergini.
Il secondo gruppo ha una circolarità media, sono azioni da applicare per estendere la vita utile del prodotto e delle sue parti: al suo interno troviamo cinque azioni:
- Riusare (Reuse) – attraverso questa strategia, quando un prodotto viene scartato da qualcuno pur essendo ancora in buone condizioni, questo può diventare utile per svolgere nuovamente la sua funzione per un altro consumatore.
- Riparare (Repair) – questa azione consiste nel ripristinare un oggetto non più funzionante, così che possa tornare a svolgere il suo compito correttamente.
- Ricondizionare (Refurbish) – capire come rinnovare un prodotto obsoleto per dargli un nuovo utilizzo. Oggi questo concetto è diffuso soprattutto nell’elettronica. Apple, per esempio, consente ai suoi clienti di acquistare dispositivi ricondizionati certificati, garantendo qualità e sicurezza associate al marchio.
- Rigenerare (Remanufacture) – riutilizzare prodotti, o parti di essi, per realizzare un nuovo prodotto con le stesse funzioni. Oggi, questo approccio è applicato soprattutto nell’industria dei macchinari per rigenerare delle macchine o degli impianti.
Infine, il terzo gruppo di azioni è legato ad un basso livello di circolarità e richiede ampi sforzi e tempo di realizzazione. Esso comprende l’applicazione utile dei materiali, volte ad aumentare l’utilità del materiale una volta ultimato il suo ciclo di vita. Le azioni sono:
- Riciclo (Recycle) – riciclare i materiali di un qualcosa che ha smesso di funzionare, permette di recuperare materia prima seconda, della stessa qualità o di una qualità inferiore.
- Recupero (Recover) – recuperare l’energia contenuta nei materiali tramite il loro incenerimento è un ulteriore modo per creare nuovo valore dalla materia non più utilizzabile.
Il punto della situazione
Ogni anno, l’iniziativa The Circular Gap Report misura la circolarità dell’economia globale, e cerca di trovare opportunità per accelerare il cambiamento. Nel 2023 questo report ha evidenziato come l’economia globale attualmente sia solo al 7.2% circolare, dato in calo rispetto al 9.1% di cinque anni fa. È un quadro di come l’economia mondiale faccia ancora fin troppo affidamento alle materie prime.
Sarà possibile arrestare l’impatto che tutto ciò può provocare solo grazie all’impegno nell’applicazione dell’economia circolare. Tale dato implica che il mondo adesso dipende quasi esclusivamente dall’estrazione di materie prime. Questo significa che più del 90% dei materiali vengono o sprecati, o persi o rimangono inutilizzati per anni. La situazione è fuori controllo e può rivelarsi dannosa non solo per il pianeta, ma anche per le persone che lo abitano. Diversi sono gli attori chiamati ad agire per revertere questa catastrofica discesa. Tra questi non solo privati, ma anche aziende, città e istituzioni.
Secondo il Rapporto Rifiuti Urbani ISPRA 2022, e i dati del Catasto Nazionale di Rifiuti, la produzione nazionale di rifiuti urbani in vent’anni non è diminuita. Infatti, è passata da un totale di più di 29 milioni (516 kg/abitante) nel 2001, ad aver superato i 29 milioni e mezzo (502,15 kg/abitante) nel 2021. È sorprendente, invece, l’andamento della raccolta differenziata negli anni: dal 17,39% (89,74 kg/abitante) al 64% (321,36 kg/abitante).
Nonostante i miglioramenti della raccolta differenziata, l’Italia deve ancora lavorare sul riciclaggio per rispettare gli obiettivi comuni dell’UE (50% entro il 2020, 55% entro il 2025, 60% entro il 2030 e 65% entro il 2035) previsti all’interno del pacchetto sull’Economia Circolare del 2018.
L’obiettivo del 50% di rifiuti urbani riciclati al 2020 è stato raggiunto nel 2021 (51,4%). Ciò dimostra una maggiore sensibilità verso i temi ambientali, ma denota ancora la necessità di agire sulla produzione e sulle tecnologie di riciclo. Per rispondere a queste esigenze, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) investirà circa 600 milioni di euro in progetti faro in economia circolare e 1,5 mld in nuovi impianti di gestione rifiuti e ammodernamento degli impianti esistenti.
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