CSRD: Corporate Sustainability Reporting
Directive (Direttiva 2464/2022)
Che cos’è la Corporate Sustainability Reporting Directive?
La Corporate Sustainability Reporting Directive è stata approvata dalla Commissione Europea il 28 Novembre 2022 come proposta di modifica alla Direttiva sulla Dichiarazione Non Finanziaria emanata nel 2014. Parte integrante del Green Deal Europeo, la sua entrata in vigore ha costituito un’efficace risposta alla presa di consapevolezza da parte di consumatori, investitori e istituzioni rispetto al cambiamento climatico, alla salute del pianeta e a problematiche sociali e umanitarie. E soprattutto rispetto al ruolo positivo che possono avere le aziende nell’innescare un cambiamento.
Differentemente da ciò che teorizzava nel 1970 il premio Nobel Milton Friedman, la massimizzazione dei profitti non rappresenta l’unica responsabilità di un’impresa. Al contrario, oggi alle aziende è attribuita una responsabilità sociale e ambientale, per cui diventa sempre più necessario non fare “business as usual”.
Prima dell’approvazione
Il cambiamento parte proprio dalla misurazione e dalla trasparenza. Prima dell’approvazione dell’NRFD e della CSRD però la rendicontazione delle informazioni non finanziarie era completamente volontaria nell’Unione Europea, e di conseguenza dipendeva unicamente dalla volontà e dalla sensibilità della singola azienda e del suo CDA. Inoltre, la mancanza di delle linee guida e un framework chiari e definiti, faceva sì che ci fossero tra ogni impresa delle grandi differenze in termini di contenuto, formato, metodologie, misure di performance e qualità delle informazioni condivise. Questo ha reso difficile, se non impossibile, valutare e comparare aziende della stessa industry in termini di performance ESG, favorendo il greenwashing, limitando decisioni di investimento responsabili e ostacolando il progresso verso gli obiettivi di sviluppo sostenibile.
Colmando le lacune della legislazione sulla dichiarazione di informazioni non finanziarie, la Direttiva Reporting Societario di Sostenibilità favorisce la trasparenza, permettendo l’accesso ad informazioni ESG affidabili, pertinenti e comparabili.
La direttiva nel dettaglio
- Campo di applicazione
La CSRD si applica attualmente a 49.000 imprese che insieme rappresentano circa il 92% del PIL Europeo. Si tratta di tutti i grandi enti di interesse pubblico che contano più di 500 dipendenti, delle grandi imprese con più di 250 dipendenti e 40 milioni di euro di fatturato, di tutte le società quotate nelle borse valori dell’UE (fatta eccezione per le microimprese) e imprese extracomunitarie. Nello specifico, sono soggette ad obbligatorietà le imprese che hanno un totale dei ricavi netti maggiore di 40 milioni, oppure, un totale attivo dello stato patrimoniale maggiore o pari a 20 milioni e, contemporaneamente, un numero di dipendenti maggiori o uguale a 250.
- Contenuto
La Direttiva Reporting Societario di Sostenibilità impone ai soggetti specificati sopra di includere una relazione non finanziaria all’interno dei loro bilanci annuali, fornendo una panoramica completa delle loro prestazioni ESG. Nello specifico è obbligatorio toccare 9 aree: Business model e strategia, target e obiettivi di sostenibilità, governance, politiche e procedure di sostenibilità, due diligence ESG, rischi ESG e modalità di gestione dei rischi, impatti, intangibili e per finire, KPIs. - La CSRD rende anche obbligatorio per le aziende sottoporre a revisione i dati sulla sostenibilità che comunicano, la certificazione del bilancio dovrà avvenire da un auditor esterno, di tipo Accounting Provider, per assicurare la trasparenza, correttezza e attendibilità dei dati riportati. Inoltre, prevede la digitalizzazione di tali informazioni.
- Framework
A giugno 2023 la Commissione Europea ha iniziato a sottoporre agli stati membri e alle istituzioni dell’UE una proposta sugli standard da seguire durante la rendicontazione non finanziaria. Questi ultimi sono chiamati ESRS (European Sustainability Reporting Standards) sviluppati dall’EFRAG (European Financial Reporting Advisory Group) e saranno destinati a tutte le imprese soggette alla CSRD per fornire loro criteri di misurabilità e monitoraggio della performance ambientale. Ogni standard verrà esaminato ogni tre anni per consentire eventuali modifiche necessarie dovute a sviluppi tecnologici nel settore, proprio come avviene per i criteri della Tassonomia, per questo saranno adottati come atti delegati.
Gli obblighi imposti dalla Direttiva Reporting Societario di Sostenibilità non devono essere visti come degli ostacoli, ma anzi come delle opportunità da parte delle aziende. Adottando una strategia più sostenibile infatti, non solo crea opportunità di ridurre i costi (come quelli legati all’energia) o accelera il processo di innovazione della produzione. Una maggiore trasparenza permette anche a tutti gli stakeholder – dai consumatori agli investitori – di prendere decisioni più informate. Le aziende che infatti comunicano con efficacia le loro performance ESG, tendono ad attrarre gli investitori responsabili, permettendogli di mitigare alcuni rischi finanziari associati ai loro investimenti. Similmente, dimostrando un forte commitment verso i propri obiettivi di sostenibilità le aziende possono ottenere un miglior posizionamento nel mercato e migliorare la propria reputazione attraendo così consumatori, talenti e partnership: essere sostenibili rappresenta quindi un vero e proprio vantaggio competitivo.
Qual è l’importanza della direttiva CSRD nell’ambito dell’Economia Circolare?
Un bilancio di sostenibilità con informazioni più dettagliate e trasparenti aumenta la consapevolezza e la comprensione, da parte delle aziende, degli impatti della propria attività. Ciò può incoraggiare ad adottare pratiche dell’Economia Circolare per ottenere un miglioramento delle performance ambientali. Le informazioni da inserire all’interno del bilancio di sostenibilità devono rispondere alla doppia materialità: finanziaria e ambientale. Vale a dire che dovranno essere inseriti dati su come le attività aziendali impattano l’ambiente e la società, e come l’ambiente e la società possono impattare sulle attività aziendali.
L’innovazione principale introdotta dalla direttiva è l’integrazione di uno standard obbligatorio, ESRS E5, focalizzato al consumo delle risorse e alle performance di Economia Circolare di un’azienda. Come sottolinea l’articolo di Circle Economy, la decisione è perfettamente coerente con le politiche europee per la transizione verso un’economia più sostenibile, infatti, emerge che il 77% dei bilanci di sostenibilità europei includono l’Economia Circolare, mentre nel Nord America solo il 49% e nell’Asia del Sud e Est solo il 40%.
Lo standard richiede all’azienda di riferire le prestazioni circolari sulla base degli afflussi (input) e deflussi (output) di risorse, la gestione dei rifiuti seguendo la gerarchia dei rifiuti (definita nella Direttiva 2008/98/CE) ed il contributo complessivo alla circolarità attraverso il recupero e riciclo di prodotti e materiali secondo il modello delle 9R.
Di conseguenza, per mantenere la reputazione e rispondere alle richieste degli stakeholder e investitori, un’azienda avrà bisogno di minimizzare l’uso di materie prime vergini e ripensare alla progettazione dei propri prodotti e servizi anche in chiave circolare.
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